Si parla poco nei media nazionali del referendum costituzionale del 20 e 21 settembre prossimo, in cui gli elettori italiani saranno chiamati a respingere o approvare la legge che taglia il numero dei parlamentari. Se vincesse il no, il numero dei deputati e senatori resterebbe invariato rispettivamente a 630 e 315; se vincesse il sì, i deputati passerebbero da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Questa modifica riduce la rappresentatività del popolo, secondo l'avvocaton Felice Besostri, ed “è incostituzionale perché viola il principio di uguaglianza”, favorendo delle disuguaglianze tra i cittadini residenti in Regioni diverse. “Il caso più clamoroso è quello della Calabria, che passerà da dieci a sei senatori, lo stesso numero del Trentino-Sud Tirolo, con la differenza, però, che la Calabria ha il 90% della popolazione in più rispetto al Trentino. Un calabrese finirebbe così per valere la metà rispetto a un trentino, per quanto riguarda il diritto di voto”, osserva Besostri.
I sostenitori del “sì” affermano che, approvando la riforma, si avrebbe un risparmio dei costi, ma “è una motivazione volgare per chi crede nella democrazia” - controbatte l'avvocato Besostri – perché, paradossalmente, “allora abrogando il Parlamento, si risparmierebbe molto di più”.
Una riduzione del numero dei parlamentari sarebbe ammissibile, secondo l'avvocato Besostri, solo con una legge elettorale che consenta all'elettorato di scegliere i propri rappresentanti, non con il Rosatellum (l'attuale legge elettorale) che dà di fatto il potere ai vertici dei partiti di nominare i parlamentari.
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