16/11/20 Molti medici in tutto il mondo non hanno dubbi: il covid 19 si può curare a casa. Un protocollo di cure domiciliari efficace eviterebbe il sovraffollamento degli ospedali e il lockdown, che produce effetti negativi per l'economia nazionale.
Il professore Luigi Cavanna, direttore del dipartimento di oncoematologia dell'ospedale di Piacenza, durante il picco dell'epidemia, nei mesi di marzo e aprile, ha curato centinaia di pazienti recandosi presso le loro abitazioni e sommistrando loro terapie a base di idrossiclorochina. Il suo impegno meritorio gli è valso il titolo di poliziotto ad honorem conferitogli dalla Polizia di Stato e un reportage della celebre rivista Time.
“Sulla base dell'esperienza dei mesi scorsi”, osserva il professore Cavanna, “la cura precoce, cioè ai primi giorni di febbre alta, tosse e affanno, consente ai pazienti di evitare il ricovero in ospedale e di guarire a casa”.
Nonostante le evidenze cliniche, a nove mesi dal primo caso ufficiale di covid-19, non abbiamo ancora un protocollo di cura univoco ed efficace che funga da guida per i medici di base.
Nei giorni scorsi è fuoriuscita una bozza di protocollo di terapia domiciliare redatta dal Comitato tecnico scientifico con il contribuito del presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli.
L'indicazione principale è quella di trattare i pazienti sintomatici con il paracetamolo, cioè con la tachipirina. Su questa decisione hanno espresso perplessità e critiche molti medici di medicina generale e anche il professore Cavanna. “La tachipirina è un ritorno alle origini, in febbraio e marzo si dava solo la tachipirina e abbiamo visto cosa è successo”, osserva il professore, “i reparti di terapia intensiva si sono riempiti, a danno anche dei pazienti con altre gravi patologie”.