Byoblu ha seguito per voi “Donne incatenate”, un evento svoltosi a Roma il 27 febbraio 2020 e organizzato dall’artista Rachel Dea, che vive da molti anni all’interno della società israeliana e che denuncia anche a titolo personale i soprusi che vivono le donne nei paesi di cultura e religione integraliste - #Byoblu
Rachel Dea
Il suo nome se lo è scelto da sola e non certo per caso: Dea è un nome provocatorio, audace, pretenzioso e perfino blasfemo nel mondo patriarcale delle religioni monoteiste integraliste, ma è anche un progetto di vita, nella convinzione che la divinità sia all’interno di ognuno di noi.
Definisce l’artista come la voce della coscienza della sua epoca che ha il dovere di parlare ed esprime la sua ferma volontà a diventare un motore della solidarietà femminile, sottolineando l’importanza delle conquiste delle donne occidentali, che vanno condivise e comprese ancora più a fondo attraverso il dialogo con le donne di cultura mediorientale, al fine di ottenerne un arricchimento reciproco. Un altro aspetto fondamentale è la necessità di un ritorno all’equilibrio fra maschile e femminile, per risanare il rapporto fra questi due poli a cominciare da quello presente all’interno di ognuno di noi.
Di questo e di molto altro ancora hanno parlato Tiziana Ciavardini, antropologa culturale e giornalista, Andrea Pandolfi, ricercatore presso l’Università Roma 3, Federica Federici, avvocato e e presidente fondatore dell’associazione “Nuove frontiere del Diritto”, Claudio Rossi, sociologo e Camel Latouche, segretario generale dell’associazione CO-MAI (Comunità del Mondo Arabo in Italia).